S. Negrini, 2005
Ricordo, come fosse ora, lo studio dello scultore Vittorio Mameli. All’ultimo piano della sua abitazione l’aria è tersa, intrisa d’odori agri ma al contempo accattivanti, la luce qui pare monocromatica, sopraffatta com’è dal ligneo colore, poi ovunque anche negli angoli più impensabili legni scolpiti, lavorati a mano ad uno ad uno, invadono lo spazio.Qui, dove tutto è frutto d’infinita passione e devozione, pare fermarsi il tempo, par essere proiettati in una dimensione altra, metafisica dove donne, dagli esili corpi, passeggiano con i loro variopinti ombrellini, e dove uomini, viandanti per necessità, racchiudono il mondo in una valigia.
Lo scultore racconta le sue storie in un tronco d’albero. Simbolo di vita, fertilità, morte e rigenerazione esso è somma dei tre livelli del creato: il sotterraneo, il terrestre e il celeste. E’ da un ciliegio, un rovere o un frassino che si sprigiona una forza e un’energia, che definirei spirituale, basti osservare le decine di maschere che lo scultore ha realizzato in più di vent'anni d’inarrestabile lavoro. Veicoli attraverso i quali le forze spirituali si manifestano, le maschere paiono, di primo acchito, capricciose e grottesche, ma appena inserite nel giusto contesto culturale e nello spazio umano della quotidianità, esse si mostrano sofisticate, forti e dinamiche al tempo stesso. Le forme antropomorfe sono prominenti ed enfatiche, vere e proprie simbologie apotropaiche nate da un realismo stilizzato, da armonici motivi geometrici e da superfici estetiche mai idealizzate, capaci però d’esprimere vitalità e virilità, e talvolta persino paura e sofferenza. Così come per la scultura africana, la testa pare essere per Vittorio Mameli la vera dimora della saggezza e della personalità, un involucro dell’anima, o ancora meglio un microcosmo (come fu per Platone) nel quale grandi e prominenti occhi simboleggiano la conoscenza e la verità mentre le bocche, fagocitanti ed invadenti, sono le vere e uniche custodi del piacere.
Simona Negrini
Castelfranco Emilia, 2005